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BIANCANEVE E IL SUO VIAGGIO

13/06/2019

Sarò sincera, Biancaneve non mi è mai piaciuta tanto, sarà stata colpa strega bruttissima che la imbroglia, o che si strozza con un pezzo di mela avvelenata e le tocca aspettare il bacio del principe per svegliarsi (mi riferisco alla versione Disney ovviamente), ma non è mai stata la mia principessa preferita. 

La verità è che la storia di Biancaneve, anche nella sua versione soft, da piccola mi terrorizzava: la Matrigna mutaforma, il cacciatore, il bosco, i nani erano troppa roba per me. Oggi però anche grazie alla passione per i libri di Michelangelo Rossato ho deciso che io e la principessa potevamo provare a diventare amiche.

Così ho riletto “Biancaneve” nella sua versione originale dei fratelli Grimm e mi sono immersa nelle bellissime illustrazioni ed è stato un viaggio incredibile. Biancaneve si è rivelata la storia di una donna e del suo percorso verso la completezza e l’autonomia. Ho trovato moltissimi simboli e mi è venuta voglia di prenderne in considerazione qualcuno per condividerlo con voi.

Iniziamo dai colori delle le tavole che sono tutte in bianco, rosso e nero.

Perché? Lo dovremmo chiedere all’autore, ma immagino che sia perché “bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano” e non è un caso che i fratelli Grimm abbiano scritto così, poiché questi tre colori sono detti anche colori “iniziatici”. Il bianco potremmo associarlo al concetto di purezza, al candore alla luce è il colore che sta alla sommità dello spettro dei colori. Il nero al contrario fa pensare alle tenebre, agli istinti animali, forse alla morte, forse morte a se stessi, di ciò che si era per rinascere in ciò che si è. Il rosso invece è il colore del sangue e della Vita, nella teoria cromatica di Jung rappresenta l’individuo nel suo fuoco centrale. Sono anche i tre colori che troviamo nell’alchimia: “con il cambiamento delle piume dell’uccello dello spirito l’alchimia indicava i vari stati dell’Opus: nella nigredo erano nere, poiché regnava l’oscurità, nell’albedo erano bianche perché la comprensione aveva portato nuova luce, nella rubedo erano rosse ad indicare l’attuazione dell’identità interiore venuta alla luce” (dal Libro dei simboli, riflessioni sulle immagini archetipiche, the archive of resarch in archetypal symbolism).

Ma veniamo alla storia:

Biancaneve nasce ma “quando la bambina nacque la buona madre morì”, quasi a dire che quando nasciamo perdiamo quella parte di noi buona che potremmo forse tradurre con “pienamente consapevole”, che ci ama incondizionatamente. Cos’è in fondo una madre buona se non quella che ci ama al di là di tutto e di tutti? Ebbene con la nascita inizia il lungo viaggio per rincontrare quella madre amorevole, ma per farlo Biancaneve deve superare molte prove. Morta la madre viene affidata ad una matrigna, bellissima ma tremendamente attaccata al proprio aspetto e al bisogno di essere la più bella, lei non ama incondizionatamente Biancaneve, semplicemente la tollera fintanto che le permette di primeggiare, ma quando raggiunti i 7 anni la piccola raggiunge il massimo del suo splendore la Matrigna decide che deve morire. E facciamo attenzione a questo numero, il 7, C.P. Estes in Donne che corrono con i lupi, sostiene che le fasi della Vita di una donna sono costituite da settenni, 7 è un numero mistico che insieme al 3 compare molte volte anche nella Bibbia, secondo le filosofie Orientali 7 sono i Chakra, ovvero i centri energetici principali (perché in realtà sono molti di più) del nostro corpo e in questa storia sette sono anche i nani che aiutano Biancaneve nel bosco. Anche il numero 3 compare parecchie volte nella storia e nelle tavole di Michelangelo: tre sono le gocce di sangue a terra nella prima tavola, tre gli animali che accompagnano la regina (un corvo, un serpente e una scimmia), tre le tentazioni che sottopone la matrigna a Biancaneve (il filo rosso, il pettine, la mela), tre gli uccelli che arrivano a farle visita quando è nella bara di cristallo rappresentati dall’autore nei tre colori dell’alchimia.

Proseguiamo, quindi, con la storia: 

Il cacciatore incaricato di uccidere Biancaneve la lascia andare intenerito dalla bellezza della ragazza e la piccola scappa nel bosco, per poter sopravvivere dovrà attraversare l’oscurità. Dobbiamo attraversare il bosco, uscire dalla nostra zona di comfort se vogliamo crescere, ma il bosco potrebbe anche rappresentare quella parte di noi meno conosciuta, quella in cui ci sono le bestie feroci, le emozioni, che abbiamo paura di incontrare. E così Biancaneve corre, corre veloce nel bosco ma scopre che “le bestie feroci le passavano accanto, senza farle alcun male.”  Eh già perché quando decidiamo di incontrare le nostre emozioni poi scopriamo che il loro intento principale non è quello di ucciderci bensì di condurci in un posto nuovo, le emozioni ci fanno correre è vero, ma solo per spingerci ad evolvere. 

La fanciulla arriva alla casa dei 7 nani, un luogo dove riposare, quel posto dell’anima dove le parti più profonde e sagge di noi lavorano per estrarre diamanti dal buio delle caverne, un luogo piccolo e sicuro dove possiamo crescere e imparare cose nuove su di noi e sulla vita “cresceva e imparava a riconoscere le piante…”. Restiamo lì finché non siamo pronte ad affrontare nuove prove che immancabilmente si presentano.

La Matrigna, scoprendo che Biancaneve è ancora viva, la va a cercare e la lusinga con tre offerte che la fanciulla non riesce a rifiutare, perché sono cose troppo “belle”. Tutto questo mi ha fatto tornare in mente la carta del Diavolo dei tarocchi e il suo significato: nel linguaggio dei tarocchi il Diavolo rappresenta tante cose ma una di queste è la lusinga, l’offerta di qualcosa che è bello ma che non è quello che ci serve. Riuscire a dire di no equivale a proseguire con il proprio cammino, accettare significa cadere nell’illusione e addormentarsi e infatti per ben tre volte Biancaneve cade in un sonno profondo e l’ultima volta, dopo aver morso la mela i nani non possono più svegliarla. Tutto questo mi riporta al tema della scelta e del sapere quello di cui abbiamo bisogno. Quando non sappiamo cosa ci serve e non riusciamo a rifiutare ciò che non ci corrisponde rischiamo di perdere, di perderci per molto tempo, di cadere in un sonno profondo. Pensiamoci bene: quante volte la Vita ci offre delle cose che sembrano bellissime, ma che in realtà non sono ciò che vogliamo veramente? E quante sono le volte in cui riusciamo a dire davvero “No, grazie!”?

E così Biancaneve cade in un sonno profondo, i nani vegliano su di lei e custodiscono il suo corpo in una bara di cristallo, passano le stagioni e le fanno visita molti animali (ancora emozioni?), tra questi tre uccelli:

una colomba, un corvo e una civetta, quasi a rappresentare tre fasi della Vita, rispettivamente la fase del candore e della purezza, l’incontro con l’oscurità e le passioni e infine la realizzazione della piena saggezza la completa individualizzazione.

Passano molti inverni e poi in un giorno di Primavera arriva un principe. Nella versione dei Grimm però Biancaneve non si sveglia grazie al bacio del principe, ma quando trasportando il feretro uno dei nani scivola e fa cadere la bara. Come a dire che a volte è proprio quando le cose non vanno come vorremmo che ci risvegliamo a noi stessi, che usciamo dall’illusione. A quel punto la fanciulla sputa la mela e si sveglia pienamente realizzata e consapevole. “Allora la donna aprì gli occhi e tornò a vivere”.

Michelangelo rappresenta Biancaneve accompagnata dal principe e una civetta rossa, forse simboli di amore e saggezza, vestita completamente di bianco e ornata proprio dagli oggetti che l’avevano danneggiata, questi non sono più un pericolo per lei, nulla può toccare chi è sveglio, chi ha compreso. E lei li indossa come dei trofei, perché è anche grazie all’incontro con l’oscurità di quegli oggetti che ora ha raggiunto la piena realizzazione. Sono le prove che superiamo, gli errori di valutazione, le difficoltà in cui inciampiamo e che poi riusciamo ad integrare in noi stessi a renderci ciò che siamo. E il principe che c’entra? Il principe in una visione archetipica della mente rappresenta una personificazione matura del maschile integrato e realizzato, ma potremmo anche vederlo come le cose belle della Vita, quelle che arrivano sempre dopo che noi abbiamo incontrato noi stessi e siamo pronti a riceverle. La matrigna invece alla fine brucia nel fuoco della sua stessa illusione, così come bruciano tutte le nostre false percezioni quando finalmente ci permettiamo di essere realizzati nelle nostre potenzialità.

Questi sono solo alcune ipotesi interpretative dei simboli e dei significati possibili che ho trovato in questa fiaba davvero densissima. Per tutti gli altri mi affido a voi, alla vostra curiosità e sensibilità e rinnovo il mio invito a leggere le fiabe ogni tanto, che stimolano l’immaginazione e arrivano in profondità senza che nemmeno ce ne accorgiamo.


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Per altri approfondimenti:

C.P. Estés, Donne che corrono con i lupi, ed. PickWiCK

Il libro dei simboli, ed Taschen

 

Nella foto: una pagina del libro BIANCANEVE illustrato da Michelangelo Rossato, ed. Il Gioco di Leggere